Juan A. Thomas : Corso intensivo di filologia italiana
(quinto grado, Università italiana - Perugia. Luglio 2004).


I. L’etimologia della parola filologia

La parola ‘filologia’ viene da “filos”- amante/amico- e ‘logos’- la parola, perciò filologia è ‘l’amante della parola”. Altri esempi sono bibliofilo, gattofilo, filo-americano. “Logos’ appare anche nelle parole : logorroico, loquace che vogliono dire ‘chiacchierone’ un francesismo a volte con valore negativo. L’italiano ed i dialetti hanno tanti prestiti lessicali: il napoletano va alla ‘brasseria’ a comprare il pane (brasseria è spagnolismo da ‘brasas’ o carboni). Il siciliano ha l’anima araba e greca.

II. L’ oggetto e lo scopo di studio della filologia

Nell’accettazione moderna, in Italia la filologia studia il testo scritto. La filologia indaga la ricostruzione del testo scritto, ma è una materia che dipende dalla storia della lingua, la letteratura e la linguistica. La storia della lingua nasce 30 anni fa. Non abbiamo nessun autografo della letteratura latina, neanche abbiamo nessun autografo di Dante, per esempio. Leggiamo copie di copie. I due manoscritti più vecchi di Virgilio che abbiamo si scrissero 500 anni dopo la morte del poeta. L’Eneide della Biblioteca Vaticana è un testo molto lontano dall’originale. Sin dall’inizio dalla filologia, lo scopo è la restaurazione dei testi scritti, come un’opera d’arte. A volte è un gioco di passa parola- c’è una signora che pulisce, e non dice il cesto di vimini, ma il cesto di Rimini, e non dice l’ulcera, ma la lucertola. Errori di questo tipo si incontrano anche nei testi più sacri. Verba volant ma la scrittura rimane. Questo studio della parola scritta offre due aspetti diversi, nel bene e nel male, perché la cultura scritta è molto aristocratica.
Oggi questa materia si chiama “filologia della letteratura italiana” per differenziare l’importanza del testo orale, studiato dalla linguistica ma spesso chiamato anche filologia; dal testo scritto, oggetto di studio della filologia. Cinquanta anni fa, non c’erano queste divisioni- storia della lingua, sociolinguistica, linguistica generale- tutto si chiamava la filologia, una disciplina che anche oggi dipende da quelle menzionate.

III. La storia della filologia

1 La filologia nasce ad Alessandria, nel Museo

La filologia si occupa della parola scritta, ma lo studio del testo orale è più antico- incomincia con Platone ed Aristotele. La filologia vuole ricostruire l’ultima volontà dell’autore attraverso un metodo scientifico della edizione critica, ma la disciplina nasce ad Alessandria di Egitto, nel “Museo” (un’università) con frammenti scritti di Omero; i primi filologi vogliono ricostruire il testo originale del poeta. La filologia è più in alto nel terzo secolo prima di Cristo. Con Alessandro Magno si domanda “Quali sono i nostri testi più originali?”. Il periodo ellenistico rappresenta l’unificazione di Egitto con la Grecia e un grande intercambio culturale ed economica. Ad Alessandria la Bibbia è tradotta per prima volta dall’aramaico in greco dagli settanta esperti di aramaico e greco- perciò si chiama la Bibbia dei settanta. San Gerolamo la traduce in latino- La Vulgata- e lui stesso fa riferimento alla tecnica della traduzione.

2 La lingua scritta é più aristocratica

L’epoca romana ha la schiavitù però un livello più ampio del potere scrivere- c’erano biblioteche aperte al pubblico. Nel medioevo 90% della popolazione era analfabeta, e 10 % della popolazione alfabeta era monaci. Carlo Magno non sapeva scrivere. Tullio de Mauro dice che fino all’epoca moderna, un’elite aristocratico sa scrivere e leggere. Dante si afferma nel testo orale e lui venne censurato durante secoli, anche per altri motivi. L’Accademia della Crusca ha lo scopo di salvare la lingua italiana- cioè vuole togliere tutta la crusca (la crusca é la scoria del grano) della lingua, così rimarrà la farina bianca e pura. Pietro Bembo, il cardinale che fonda la Accademia dice “A noi non interessa chi parla, ma chi scrive.”. Fin dalle origini, la letteratura è aristocratica. La Grecia antica ha un grandissimo livello di produzione letteraria, durante i secoli quando in Italia non c’era niente, soltanto l’epigrafia e le inscrizioni etrusche.

3 Il mondo greco ed i romani

I romani sono prepotenti ma la sua grandezza risiede nell’umilità culturale e l’appropriazione culturale dal mondo greco. Molti romani sono trilingui- latino, greco ed il dialetto locale. Ettore Paratore dice che la forza dei romani è di aver tradotto tutto il patrimonio greco. Non si sa perché i greci non avevano fatto delle traduzioni e neanche si sa perché non avevano trasmesso niente dal sanscrito- forse per la consapevolezza di essere geni. I greci chiamavano ‘barbarus’ a tutti coloro che non parlavano il greco (‘barbarus’ è il canto degli uccelli). Orazio dice che abbiamo preso la Grecia ma non l’abbiamo vinta.

All’inizio Roma è circondata dagli Etruschi, gli Osci, gli Umbri ed al sud, i greci della Magna Grecia. Dopo la guerra tarantina, Livio Andronico, uno schiavo liberato, è maestro privato di greco e dipende dall’imperatore, è assunto da lui perché sapeva scrivere greco ed anche l’ osco. . Prende il nome dell’imperatore Livio. Andronico è il più grande traduttore dell’Iliade e dell’ Odisea. A Roma si fonda una grande scuola di filologia. Plauto è importante per i dialetti perché scrive i residui del parlato vivo.

I Romani sono i grandi copiatori dell’antichità e rifanno tutto della Grecia; non hanno fatto opere originali, meno nei campi dell’ingegneria e della legge. La religione romana ed i miti dipendono da Grecia - le opere greche vennero tradotte o ‘interpretate’ in latino. Roma cade quando si chiude attraverso un lungo periodo di 400 anni. C’è un lungo periodo di grandissima corruzione ed il sistema cade su se stessa- anche cadono l’economia e la rete stradale. Il sud non è più trafficabile; questa situazione perdura fino al 900. Il sud come ‘la culla culturale ’ scompare. Da quel momento in poi, l’Italia è divisa- le regioni litigano tra loro ed i papi mantengono la tradizione “Dividi et impera” : più c’è la divisione più piace a Roma.

Tutto il territorio occupato da Roma si chiama ROMANIA e si usa oggi nel senso di geografia linguistica. Dalla caduta di Roma, si perde il greco. Il latino è la lingua madre dei vari volgari latini: le lingue neolatine nacquero dopo la frammentazione linguistica quando cadde Roma, però la teoria delle ‘Aree laterali ’ dice che più si va lontano dal centro, più che la lingua si conserva. Non è morto niente- in questo corso non facciamo filologia latina, ma il latino non è morto. I copisti medievali non sanno il greco, ed a volte neanche il latino classico. Petrarca è il primo grande filologo perché riconosce che il suo latino non é il latino di Cicerone. ed il poeta, anche grande latinista, vuole capire il latino classico e vuole capire la trasmissione dei testi classici. Dante, Petrarca e Boccaccio non sanno il greco, e si lamenta di questa incapacità.

4. La traduzione

Attraverso i secoli, si sono tanti nomi per il traduttore e la traduzione: ‘ermeneutike’ (da Ermes il dio messaggero); ‘melaghere’ (l’interprete); e verbi: vertere, transferre, traslatare, trasmutare. Si deve aspettare a Bruni per il termine definitivo ‘tradurre’. Lo studio della traduzione è fondamentale allo studio della filologia. I buoni traduttori sono filologi.

IV. Il Campanilismo e la divisione linguistica e politica: la manipolazione dei testi scritti

Attraverso la storia ci sono tanti testi manomessi in favore della lingua toscana, per esempio, tutte le forme siciliane si traducono in toscano. C’è anche la manipolazione della pergamena- si raschia e si riutilizza (il palinsesto). Durante il Rinascimento c’è una battaglia linguistica tra l’Accademia della Crusca e L’accademia romana. A Firenze c’è un alto tasso d’ alfabetismo .

La chiesa è stata sempre contro l’unificazione- “Dividi et impera”. Dante mette Giovanni XXII all’inferno, e nessun papa volle più chiamarsi Giovanni, fino al Giovanni XXIII. Federico II vuole unificare politicamente e linguisticamente l’Italia. Federico, dal Nord, capisce le forti radici culturali nel sud, ma nel Medioevo i signori vendono la penisola per conservare la sua proprietà; c’è sempre il campanilismo” : per esempio, a Perugia si pensa più alla storia antica (gli Etruschi) e non ai collegamenti storici con Roma.

Nel sud, la dominazione borbonica spagnola è stata più tragica- una monarchia assoluta. Maria Carolina dice “Se il popolo ha fame, dagli i croissant”. Il monarca: ‘questo serve anche a me, faccio un po’ per te. “Il Gattopardo” racconta la storia dei grandi latifondisti sotto il Re: “L’importante è che tutto cambi perché rimanga come prima”. Un latifondista: “c’ho un’isola ma non so dove sta.” Da questa situazione, e da altri fattori storici nasce una filosofia meridionale fatalista- la vita finisce e non devo preoccuparmi. I romani aspettano ore ed ore senza fastidiarsi: i romani sono ‘*tera tera” molto pratici. A Napoli dicono “Soltanto alla morte non c’è rimedio.”

La filologia si occupa della lingua scritta. Dall’inizio della scrittura in volgare, c’è stato sempre una toscanizzazione , però anche ci sono dubbi che il toscano sia la lingua volgare più nobile (codesto, la gorgia). C’è stato anche un livello basso di scolarizzazione e così una conoscenza superficiale della lingua ufficiale. L’unità politica non significa l’unità linguistica. Roma risucchia e si mangia tutta l’Italia - il popolo romano è di tutti i colori.

Pietro Bembo, fondatore dell’Accademia della Crusca dice che “ci interessa chi scrive” Il toscano si afferma per la tradizione letteraria, per il grande livello culturale di Firenze, per la percentuale altissima di studenti e per i banchieri e famiglie nobili (I Medici). La lingua di Dante è una lingua volgare del popolo; con Dante la lingua parlata entra nella lingua scritta; nondimeno, i due modelli più rispettati furono Petrarca e Boccaccio. La Roma rinascimentale- i papi dal nord, si vede l’impronta toscana. Il vero italiano sarebbe il toscano in bocca a un romano. Il toscano è più vicino al latino (meno la fonetica). Fino al 1500 a Roma si parla ‘meridionale’ ed il corte papale non è romanesco, ma meridionale. Dal rinascimento in poi, Roma ha altra storia.

Il libro di Marazzini Breve storia della lingua e quello di Ignazio Baldelli per i dialetti. Si attribuisce la gorgia toscana ai substrati- non è latina. Attraverso i suoni hanno dedotto qualche pronuncia latina. A Roma ‘annamo’ illustra l’assimilazione nd -> nn..

V. Fonti superstratistiche per le lingue neo-latine: le lingue germaniche ed il cristianesimo

Entrano i ‘Barbari’ germanici, che con contratti con i romani, diventano padroni. In italiano c’è un superstrato germanico di 2000 parole; i Barbari hanno portato giù tante parole. Per esempio, l’Umbria è longobarda: Gualdo Tadino viene da ‘wald’. Spoleto è longobardo. È una regione tradizionale: la caccia (fagiani, cinghiali); prodotti di maiali: il prosciutto, il salame; la pasta alla carbonara; il pollo sulle brace (spido - spiedo). L’unico pesce è la trotta.

Il cristianesimo è una rivoluzione totale - si ascolta la voce delle persone più basse; si abolisce la schiavitù; e Roma crolla. Tanti nuovi vocaboli provengono dai cristiani dell’est; di nuovo, parole greche. ‘Parola’ sovrapposta a ‘verba’. ‘Parabolare’ è raccontare storie. Gesù le racconta, così ‘Parabola di Gesù’ diventa ‘la parola di Gesù’; c’è una rivoluzione sociolinguistica. Il popolo utilizza più ‘parola’ e quella si impone sulla lingua. San Gerolamo traduce la Bibbia ma non senza domandarsi: “Come traduco? latino antico? latino parlato?”

Il cristianesimo rappresenta la rottura della scrittura privilegiata e l’influsso delle parole parlate alla scrittura. La grande massa accetta ‘parola’ invece di ‘verba’; la stessa storia con ‘equus’ e ‘caballus’. La linguistica storica risponde alla domanda : Come cambiano le parole? Il ‘caballus’ è il cavallo da soma, più rozzo e robusto per il lavoro. I romani avevamo paura della massa e del disordine, non di Gesù . San Gerolamo: “La massa di gente deve capire la parola”.

VI. Il Medioevo

Dopo il crollo di Roma, le uniche cellule di trasmissione sono i monasteri, ma con tante cose censurate e tanto materiale originale rovinato o distrutto, senza intenzione cattiva, però. Non esiste nessun diritto di autore fino all’epoca di Napoleone, ma da sempre esiste la ‘censura’, cioè l’intervento di qualcuno dentro il testo che non sia l’autore. Durante il Medioevo, si perde il greco. Esercitano un grande lavoro di copiatura. Ogni monastero parla il suo dialetto. Il Medioevo alto (400 d.C. – 900 d. C) è un periodo di analfabetismo ( 90 % nel territorio italico). Ci sono delle cellule cristiane ma è un potere chiuso ( 600 – 900 d C) Carlo Magno non sa leggere. La scrittura dà potere – il suo monaco Alcuino di York ha molta influenza.

I monaci a volte mescolano il latino ed il dialetto. Nel Placito Cassinense (Sao ke kelle terre...) si scrivono in volgare per far arrivare un messaggio- il popolo deve sentire queste parole. La chiesa, sempre prepotente, vuole dominare il popolo. Tutti gli atti giuridici vengono scritti in latino, ma il Placito in volgare. I monaci sono in lite con i contadini sulla terra ed Usu Capione – questa sedia è mia perché sempre ci sono stato. Tutti i documenti sono scritti in latino per il prestigio del latino. L’ Appendix Probi é un documento utile per sapere come si parlava- per esempio, ‘si deve scrive ‘aqua’ e non ‘acqua’.

I monaci sono grandi artisti ma non grandi filologi. Non sanno le lingue che copiano. Ci sono due tipi di copisti. Il sempliciotto non fa danno però non sa bene la lingua e trasmette secondo l’orecchia, forse anche in dialetto (Fulignu lu centru dellu munnu.) Il secondo tipo di monaco contamina- prende un pezzo qui e altra là e fa un ‘bricolage’. Nondimeno, senza i monaci non avremmo i due grandi copie dell’Eneide di Virgilio, benché siano 500 anni dopo la sua morte. Il messaggio arriva, ma non l’autore- come la luce delle stelle. I monaci non possono ricostruire l’originale e hanno poco rispetto per l’originale.

C’è una tendenza, anche oggi in Italia: “Fatta la regola, si trova l’inganno- la gente ha un pallino (talento per pare un trucco). “Campa nu iorno, campa buono (vive un giorno, vive bene).

VII I tre momenti importantissimi nella filologia italiana:

1) Il periodo greco- romano. Non abbiamo autografi e la filologia é solo in greco. C’è una grande attività di scolarizzazione favorita dagli imperatori colti. Fino al 1800, la filologia è solo in latino e greco. Questa situazione si vede anche nella frammentazione dialettale in Italia: Leopardi nell’ottocento doveva parlare latino o francese per fare un viaggio nell’Italia meridionale. Un napoletano non capisce un friulano.

Durante il Medioevo non esiste la filologia rigorosa, si perdono molti documenti ed i testi vengono manomessi, però, c’è una grande attività di copiatura che riesce a conservare molte opere. Non si conosce né il greco né il latino classico.

2). L’uomo del rinascimento dà il nome al Medioevo, in parte per riconoscere un’età priva della creazione del mondo classico. Il Medioevo è un ‘filtro’- senza questo non avremmo avuto tante opere classiche. Il Rinascimento è un periodo di ricca autenticità e rispetto alla forma originale. Petrarca è il primo archeologo della lingua e così, il primo grande filologo. Vuole riscoprire come parlava Cicerone e tutto il mondo classico. Si rende conto della necessità di sapere bene il greco ed il latino. Dante e il primo che fa testimonianza del volgare ed ama l’antichità, però Virgilio, per esempio, non può entrare in Paradiso perché non è battezzato; Dante è troppo moralista. Petrarca ha una visione diversa, benché sia figlio del medioevo- lui è diviso in tre: adora il mondo antico e così vuole ricostruire il latino classico ed i pagani; ma ama anche la chiesa; e scrive in volgare. Petrarca favorì lo studio del greco e con lui, rinasce la possibilità di rivivere le lettere classiche. Petrarca, uomo poli-faceta è un grande amante della scrittura e usa una calligrafia diversa secondo a chi scrive.
Un monaco greco Leonzio Pilato traduce un testo dell’Iliade dal greco in latino. Nel 1400 si incomincia ad insegnare il greco: questo momento è l’inizio del Rinascimento. Nel 1404 si inaugura la facoltà di greco a Firenze, dopo 1000 anni di silenzio, dalla caduta di Roma fino al 1400 non si sente il greco nella penisola italica. I turchi fanno uscire i monaci greci che vanno allo Studio fiorentino. Lorenzo di Medici ha un maestro greco, Emmanuele Crisolaro, un monaco. Leonardo Bruni è altra figura importantissima per le sue traduzioni dal greco e dopo la sua volgarizzazione del latino classico. Anche lui stabilì l’uso della parola ‘tradurre’.

Il 500 fino al 700 è un periodo dello stabilimento dei poteri stranieri in Italia; anche il periodo della Controriforma in cui la chiesa si chiude nel latino e non permette traduzioni in volgare, così può mantenere il potere via mezzi linguistici. La Controriforma non è buona per la letteratura italiana.

3). Il terzo grande periodo è il romanticismo tedesco dell’ottocento che è un nuovo rinascimento. Si sviluppa la filologia scientifica; Karl Lachmann è il filologo più importante di questo periodo.

L’apogeo della filologia è sempre quando si sa la lingua originale.




VIII I materiali e la riproduzione di testi scritti.

1. Il papiro L’Egitto inventa il papiro, il materiale più apprezzato- bisogna il sole e l’acqua per crescere. Cresce anche in Sicilia. Arriva a Roma fino a quattro secoli dopo Cristo, ma costa troppo. Si sa che a Pompeii cè lo ‘stilus’ ed il papiro. Nel giro di qualche secolo ‘mattoni diventano marmo ’. Nerone ricostruisce tutto in marmo. C’è un divario enorme fra chi parla e chi scrive- sono due lingue diverse

2. Le volumina e le tavolette romane Le biblioteche greche contengono VOLUMINA, cioè rotoli di papiro formati da strisce intrecciate di papiro, materiale usato fino al quarto secolo d. C. ed anche fino al alto Medioevo. Il rotolo sé stesso provoca errori durante la copiatura. I romani usano le tavolette di legno cerato, ed anche VOLUMINA. I romani anche sviluppano QUATERNI fatti da 1, 2, 3 o 4 foglie cucite. L’INCHIRIDIA è un libro tascabile elaborato da materiali poveri. Il CODEX è un piccolo libro (plurale CODICE) che originalmente è una tavoletta di legno. Il LIBER è la parte tenera dell’albero. Dopo, il papiro e la pergamena vengono usati.

I romani non hanno lasciato tanta scrittura, solo una scrittura pratica- le tavolette ed anche l’epigrafia lapidaria. Ai romani non interessa la calligrafia. Scrivono con la maiuscola. La calligrafia usata nella corte di Carlo Magno si chiama ‘carolina’. La scrittura gotica, stretta e larga, simile alla cattedrale gotico è preferibile per risparmiare spazio.

I monaci medievali, secondo Stussi, producono i testi da un’ originale- i testi sotto dittatura sono impossibile da fare in un modo uniforme per il DUCTUS, cioè lo stile personale di scrittura. Lui crede che il 90 % dei manoscritti si produce attraverso la trasmissione diretta con la copia al fianco. I testi meno importanti vengono dettati.

3. La pergamena C’è una gerarchia di monaci per preparare la pergamena. I più bassi puliscono la pelle con la calce. Il vellino è la pelle degli aborti, ed è molto pregiato per la trasparenza e la resistenza. La pergamena è così pregiata che, per risparmiarla, un testo originale a volte viene raschiato, ed un alto scritto sopra (questa pratica si chiama il ‘palinsesto’.). Un monaco più alto nella gerarchia, traccia le righe. I monaci copisti lavorano in un SCRITORUM, a volte è una stanza riscaldata. Nessun monaco può firmare ma a volte scrivono ‘colofoni ’, che sono piccole frasi per lasciare il suo segno, benché rischi la veta. Alcuni colofoni parlano della vita e come sono birbanti i monaci. Più in alto, c’è il copista. Al vertice, c’è il miniaturista o l’illuminista. Il ‘minio’ si riferisce all’inchiostro rosso ‘rubus’.

4. La Pecia Fuori i monasteri, i banchieri, i mercanti, i notai e gli studenti diffondono il libro. Gli studenti devono copiare qualche pagina del testo originale del professore e scambiare pagine con altri compagni. Comprare un libro è impossibile, è come comprare un Picasso oggi. La tecnica usata dagli studenti si chiama ‘la tecnica della pecia’. “Pecia’ vuole dire pezzi. I notai usano una calligrafia cancelleresca, ma anche sviluppano una scrittura veloce ‘la tacchegrafia ’ , ma è difficile da capire. Per esempio, una barra sopra elimina 2 consonanti, ma se un copista dimentica la barra è impossibile sapere la parola- anima e aia (aia senza barra ha un’ altro significato. Con questa confusione è un vero miracolo avere una copia della Divina Commedia.

5. La stampa La stampa, Guttenberg 1476, offre la possibilità di una maggiore diffusione del libro, benché all’ inizio abbia avuto un’ostilità enorme; si diceva “non potrà mai raggiungere la bellezza di un manoscritto ’. La stampa si presta alla diffusione di materiale malgrado la censura religiosa. A Foligno si stampa la Divina Commedia alla fine del 400. A Roma si stampa solo in latino ma a Venezia in volgare, perché Venezia è fuori la censura di Roma. Aldo Manuzio è una figura importante. A Venezia si pubblicano gli incunaboli., A Venezia arriva la carta dall’Oriente e c’è una grande borghesia ricca che sostiene la stampa. Molti tedeschi vengono in Italia per lavorare nell’industria della stampa. Alcuni libri si pubblicano con la stampa falsa PARIGI per evitare il controllo dell’inquisizione. La battaglia per sostenere il latino dura fino al 700. Non si permette nessuna traduzione della Bibbia che non sia quella di San Gerolamo- e non si vede con buon occhio i libri stampati nel nord di Europa - queste opere rappresentano il protestantesimo e l’eresia.

IX. I metodi filologici

1. Due esempi di deduzione filologica
Nel cinquecento, Lorenzo Valla, legato all’ impero d’Aragona ed eccellente latinista, smaschera la falsa donazione di Costantino. Quel documento falsificato dalla chiesa attesta una immensa concessione di terra alla chiesa. Valla prova che quel latino non può essere dall’ epoca di Costantino, ma dal Medioevo. La chiesa, nemica di Valla, pensa di potere dire qualcosa in latino, tanto il popolo già non lo capisce, ma la scienza filologica e la nuova consapevolezza del latino classico aiutano a rivelare l’inganno. L’ambito romano è stato sempre chiuso: la conservazione del latino, la resistenza alla stampa.

Vittore Branca, il massimo studioso di Boccaccio, con un dettaglio paleografico mostra il palinsesto nel codice Hamiliton. Da secoli, l’errore ‘marato’ per ‘marito’ fa credere che il codice non è di Boccaccio.

2. Il metodo storico

Il primo metodo filologico è una concessione di potere fare molto senza mai avere l’originale. Non è un metodo scientifico, ma una forza artigianale, con una capacità lessicale e grammaticale enorme, ma bisogna sempre l’intuito.

1. Si fa un esame paleografico
2. Si raccolgono più documenti
3. il ‘codex optimus’

Le scintille della verità aprono in certi momenti ma ricadono indietro come i gamberi che camminano all’ indietro. Dobbiamo aspettare 2 secoli per la scintilla del romanticismo tedesco.

Ugo Foscolo, il più grande poeta romantico, sua madre greca, contesta la traduzione dell’ Iliade di Vincenzo Monti, usata fino a oggi. Monti fa una traduzione all’ italiano senza toccare ‘l’ opera originale ’ , cioè fa una traduzione d’altra traduzione. Monti dice che Foscolo è un ‘traduttore del traduttore di Omero’. La traduzione di Monti conserva l’ originale “Cantami o diva de Achille l’ira”.

Nasce la filosofia romantica tedesca ed i letterati italiani soffrono perché non sanno il tedesco: Foscolo e Leopardi, per esempio. Shliemann scopre Troia; i tedeschi sono specialisti delle lingue antiche- questa influenza tedesca dura fino alla prima guerra mondiale. Per i tedeschi, non basta più una buona conoscenza delle lingue classiche, ma tutte le lingue romanze, ed incominciano un’ investigazione sistematica e seria di linguistica e dialettologia romanze. Nasce la linguistica comparata romanza.
Si sviluppa un metodo deduttivo. La biologia ha un albero genealogico, questo è il frutto del Darwinismo ed i metodi collegati alla scienza del positivismo, e questa idea viene applicata agli animali, alle piante, alle lingue, per esempio, nasce l’idea dell’ indoeuropeo, la ricostruzione di proto- lingue, ecc. La filologia prende questo metodo per arrivare all’ archetipo (il manoscritto più fedele all’ originale, ma non sempre il più antico). Karl Lachmann, grande grecista e latinista, sviluppa questo metodo che prova a risalire al testo originale, se non esiste l’autografo. Il metodo ha risolto molti problema, ma non funziona bene se esistono molti testi, per esempio, per Dante, ci sono 800 documenti e si arriva a due archetipi.

3 a. Il metodo dell’ edizione critica: senza autografo

1. Raccogliere tutti i testimoni: manoscritti ed testi a incunaboli e testi stampati se esistono.
2. La ‘Collatione’: il confronto fra tutti i documenti raccolti
3. La ‘eliminatio codicum descriptorum’ : l’eliminazione di tutti i codici che sono copie di copie ( o delle varianti stupide). Così risulti un ‘nucleo’ di opere. Si raggruppano i codici in grandi famiglie. Più pieno di errori, meglio è, a volte si può dedurre il copista.
4. La tecnica degli errori: per formare le famiglie. Un errore è qualsiasi variazione della norma.
Errori congiuntivi: due documenti dove c’è un errore difficile d’essere indipendente. Una somma di questi errori costituisce una famiglia.
Errori disgiuntivi: errori che dividono i documenti. Non sono errori da un’ origine comune.

L’originale deve essere privo di ogni errore. L’archetipo arriva dopo. Deve avere almeno un errore congiuntivo. Se ci sono tre testi A, B, C, e C non ha l’errore di A deve essere figlio di B (se ha gli stessi errori di B).

5. L’emendatio- si guarisce il libro di tutta la contaminazione. L’emendatio ope codicum- io arriverò al testo emandato; l’emendatio ope ingenium- attraverso l’ingegno del filologo, si arriva al testo.


Malgrado questo metodo scientifico, senza l’intuizione, uno viene bloccato. Bedire ha contestato Lachmann il cui metodo è uno di primo approccio. Oggi si mettono i due metodi in bilancia e si fa un processo eclettico (come quello di Branca) con conoscenza di calligrafia, di materiale, di linguistica, di storia, e così i filologi rispondono meglio.

L’edizione critica è il migliore testo commentato dove il filologo commenta come è arrivato a questo testo- l’apparato critico. Prima dell’ edizione critica, c’è l’ edizione semplice, l’ edizione diplomatica ce è un lavoro preparativo, un’ edizione interpretativa. A volte, si arriva a un albero bifido se il metodo porta a 2 edizioni. I filologi sono i notai della letteratura.

3. b . La filologia con l’autografo (dell’ autore)

Esiste un problema grave con la stampa- per esempio, mentre stampano l’edizione dei Promessi Sposi, Manzoni manipola il testo; così non abbiamo un unico testo dell’ autore, ma la creazione dell’ opera. Gli italiani sono più avanti nello studio del manoscritto- gli inglesi più avanti nella filologia della stampa, una filologia basata sull’ errore di stampa. In teoria, si deve considerare la stampa come un’ edizione.
É logico che non abbiamo l’autografo di Dante. Il testo non era accettato- sull’Index liborum proibitorum. Se avessimo l’ autore, ci sarebbe altra storia. L’editio principo ha certo valore ma il testo più antico non è sempre il migliore.
La trattazione del testo- la biografia del testo dei Promessi Sposi ha quattro edizioni importanti: La prima edizione è quella del 1827 Fermo e Lucia (subito censurata- Manzoni è andato Firenze per risciacquare i suoi panni nell’ Arno. Dall’ origine della stampa, c’è pressione per scrivere in toscano. Ludovico Ariosto (1500) con L’orlando furioso ha tre versioni- tutte queste varianti sono dell’ autore. Ariosto accusato di forme dialettali lombarde.); e l’ultima edizione è quella del 1840- L’edizione quarantana.



Bibliografia

Auerbach, Erich Introduzione alla filologia romanza Torino, Einaudi, 1963 pp 13 -21
Renzi, Lorenzo Nuova introduzione alla filologia romanza Il Mulino, Bologna, 1985
La scrittura memoria degli uomini Electa- Gallimard, 1992

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